Il Cisalpino

La storia è sempre un insieme di continuità e novità. Come tutti i fatti umani, è un “sistema aperto” nel quale le idee migliori sopravvivono grazie alla loro capacità di adattarsi all’ambiente culturale che cambia tramite mutamenti marginali: Il Nuovo Cisalpino vuole essere questo, ovvero un’idea che affonda le sue origini nella notte dei tempi, nel sentimento di libertà dei popoli e delle persone, dimostrando la sua vitalità in forza della capacità di rinnovarsi nel tempo.

Per quanto concerne il nostro paese, l’origine del giornale è stata quanto mai prestigiosa.  Fu alla vigilia delle Cinque Giornate di Milano, il 17 marzo 1948, che Carlo Cattaneo stese il programma della prima versione de “Il Cisalpino” per divenire, nei giorni seguenti, uno dei leader dello stesso movimento insurrezionale-popolare che significò l’evento più rappresentativo dello spirito risorgimentale italiano. Nel 1945, a cura di Gianfranco Miglio e di altri intellettuali cattolici, “Il Cisalpino” rinasce all’indomani della caduta del fascismo. Le sue istanze federaliste troveranno un parziale ma importante riconoscimento negli articoli 5 e 6 della nostra Costituzione che, nel contesto dei principi fondamentali del nostro ordinamento, ne sanciscono i valori costitutivi dell’autonomia, del decentramento e della tutela delle minoranze linguistiche e dei relativi popoli lungamente oppressi dallo Stato totalitario e dallo stesso, precedente, Stato liberale “unitario – centralista”.  Come altre parti essenziali del nostro sistema giuridico-amministrativo, l’articolo 5 della Costituzione, riguardante autonomia e decentramento, rimase sostanzialmente inattuato. Fu, pertanto, nel pieno della crisi della Prima Repubblica, alla vigilia di tangentopoli (1992), che la bandiera del federalismo tornò nuovamente a sventolare grazie allo sviluppo del movimento politico della Lega Nord di Umberto Bossi. In questo contesto, tra il 2008 e il 2011 “Il Cisalpino” torna a vivere per un breve periodo, ma sempre sollevando questioni fondamentali. Questioni che allora potevano forse sembrare un “capriccio” facilmente liquidabile con l’argomento “dell’egoismo regionale” ma che oggi manifestano, a più di un decennio di distanza, tutta la loro profetica profondità. 

Infatti, se negli ultimi vent’anni del secolo scorso le democrazie sembravano il “futuro universale dei popoli”, oggi assistiamo a quello che alcuni studiosi apostrofano come “la recessione democratica globale”. È in questo contesto che il Nuovo Cisalpino, come l’Araba Fenice, rinasce per affermare che autonomia e decentramento debbano, ora più che mai, essere considerati la pietra di appoggio di una possibile ripresa democratica a fronte delle sfide del XXI secolo: ma perché il decentramento e l’autonomia sono diventati così importanti?

Noi Cisalpini del nuovo millennio siamo l’ultima generazione di una serie che, dalla fine dell’800, ha “riso cinicamente di tutto”, ha voluto emanciparsi da tutto, ha reciso i legami con tutto inseguendo la chimera della libertà assoluta del sé, del mondo interiore di ciascuno rispetto alle “finzioni sociali” del mondo esteriore. Il risultato è stato l’abisso, il nulla in cui siamo stati gettati senza possibilità di appiglio. Ora, dal fondo di questo abisso di solitudine e disperazione, viene un grido-gridato che intendiamo accogliere come segno di speranza. Il grido dice: “conoscersi è riconoscersi e riconoscersi è riconoscenza: un atto d’amore”. Prendersi cura del territorio, farsi carico di quell’eredità culturale profonda che chiamiamo identità, sentirsi parte della comunità locale non sono il peso che aggiungiamo ad una vita già complicata di suo, ma sono invece ciò che può riempire di senso un tempo che ora scorre senza direzione. Sono la nostra stessa, più alta, umanità all’esercizio della quale la democrazia, attraverso i principi dell’autonomia e del decentramento, chiama tutti i cittadini nell’ottica dell’adempimento di un dovere piuttosto che di un diritto. Un dovere civico dal cui compimento viene il rispetto reciproco e il sentimento di eguaglianza sui quali, in ultima analisi, si fonda la sovranità popolare.